I poeti lavorano di notte

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
(Alda Merini)

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Cinque luoghi dove vorrei esser stata quando dicevo io.

“Se avessi una macchina del tempo per tornare nel passato dove vorresti passare?”

Ecco, siccome io ci penso spesso a questa cosa e non riesco mai a trovarne pochi, stasera li ho riassunti e ne ho scelti 5:

“A forza di essere vento…”

1. Al teatro Brancaccio di Roma nel 1998.

Il 13 febbraio di quell’anno (e guarda un po’ che caso proprio in questa data!) più o meno alle nove di sera, avrei potuto assistere al concerto di Fabrizio De Andrè.

ImmagineOra so perfettamente che se voglio posso vedermelo su Youtube, sentirmelo nel disco, e varie però capite che…la musica non è la stessa quando non c’è qualcuno, a cui stranamente e inspiegabilmente sei affezionata come ad un amico, che la canta. E poi il teatro, la luce soffusa e qualcuno che ti racconta la sua esistenza, non è il posto perfetto dove voler “tornare”?

“Ciascuno cresce solo se sognato”

2. In Sicilia. Negli anni ’90, verso la fine, in una data non ben precisata.

ImmagineSì perché a parte il fatto che io in Sicilia non ci sono mai andata ma che per qualche motivo e attraverso qualche racconto è una terra che profuma di “casa”, è lì che in quel periodo vivevano, lavoravano, sorridevano, soffrivano, morivano cinque delle persone che avrei desiderato conoscere di più al mondo: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Don Pino Puglisi, Peppino Impastato e Danilo Dolci, non per poter vantarmene poi, ma per stargli vicino, sentire i loro pensieri e imparare.

Sì lo so, anche questo più o meno posso farlo oggi ma c’è sempre quella storia dell’umanità che è più bella dal vivo, quella cosa dell’atmosfera di prima.

“Datemi un teatro in cui, per magia, il tempo non conti, e saltino i quadranti a tutti gli orologi”

3. A Londra, in una zona sulle rive del Tamigi, nel 1600 o giù di lì

ImmagineC’era e ancora c’è (anche se un po’ fasullo) un teatro che porta in sé una magia particolare perché lì sono nati i personaggi che abitano la mia fantasia: Puck, Leonato, Giulietta, Romeo, Iago, Titania e via dicendo…che hanno accompagnato insieme al loro creatore parte della mia vita e che ancora a volte mi vengono a far visita tra le pagine impolverate di qualche libro.

“è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso”

4. a Roma nell’estate del 2000.

C’è, tecnicamente ci stavo, ma non nella zona giusta e non per la giusta motivazione.

In quei giorni a Roma Giovanni Paolo II parlava nella 15esima Giornata Mondiale dellaImmagine Gioventù e in una notte stellata (a quanto qualcuno mi ha scritto una volta) apriva il suo cuore a migliaia di giovani per dirgli la verità a modo suo, come solo i grandi “comunicatori” sanno fare, ed io quel video l’ho visto milioni di volte e mi ha cambiato la vita Esserci mi avrebbe chiarito qualche idea e incasinata qualche d’un altra.

“Se sei abbastanza fortunato di aver vissuto a Parigi come un giovane uomo, allora per il resto della tua vita ovunque andrai, sarà con te, a Parigi è un continuo banchettare.”

5. A Parigi negli anni ’20.

ImmagineNon credo ci sia bisogno nemmeno di spiegare il perché. Parigi è una città per chi ha un’anima disordinata e forse in passato lo era ancora di più. E a me tutta quell’arte, tutta quella poesia, tutti quei personaggi tutti insieme mi avrebbero fatto camminare a tre metri da terra. Forse sarei diventata un’artista di strada.

Che poi alla fine più che passato sono presente: le idee, i profumi, le note camminano sulle mie gambe e su quelle di chi me li ha “passati”.

La poesia è il salvagente

La poesia è il salvagente
cui mi aggrappo
quando tutto sembra svanire.
Quando il mio cuore gronda
per lo strazio delle parole che 
feriscono, dei silenzi che trascinano 
verso il precipizio.
Quando sono diventato così 
impenetrabile
che neanche l’aria
riesce a passare.

(Kahlil Gibran)

 

Stasera mi aggrappo alla poesia perché parla meglio di me, perché sente attraverso la carta tutto ciò che vorrei raccontare e lo fa al posto mio.

Devo mantenere sveglia la bellezza, la mia capacità di vederla almeno. Ci sono i miei silenzi che però lasciano passare il colore. E sto.

Si lavora…

 

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Vita di un anno che passa.

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“A volte si arriva a credere che il mondo tutto sia un’aggregazione di gente banale, noisa, superficiale, poco interessante… e ci si chiede “io che c’entro in tutto questo? Perchè il dolore del mondo me lo sento scorrere nelle vene mentre alla stragrande maggioranza delle persone scivola addosso come fosse invisibile?”, poi succede: s’incontrano le eccezioni, ci s’incrocia con qualcuno che la pensa come noi, e si apre davanti ai nostri occhi un’orizzonte nuovo, ci si sente meno aleni, e meno soli… ci si rimbocca allora le maniche e si prova, per quanto piccola possa essere l’opera di un solo uomo, a cambiare il mondo. ….”

Riassumo il mio 2012 in un piede fatto di chi ho incontrato perché cammino e mai da sola.

Tre anni.

Ho la memoria corta, di solito.

Mi dimentico cose da fare, particolari, parole, eventi.

Eppure mi ricordo di quel giorno e dei successivi nei minimi particolari anche se sembrano di una vita fa: ricordo i miei pensieri, la poca lucidità, ricordo le facce e le parole, i rumori, gli odori, la solitudine e gli ultimi residui di forza per aggrapparmi a chi era lì, a chi ho fatto arrivare in tutta fretta.

Ricordo un abbraccio fra tutti e delle parole sussurrate all’orecchio e io che mi ripetevo: “Non è questo che devi ricordare Lalli!”, ricordo un cappello che a me sembrava tanto da pescatore, che tenevo in mano come fosse mio, ricordo dei semi di rosa che poi ho piantato, ricordo la pizza (che non manca mai!) e il gioco del mimo, tutti insieme, come fosse una festa. 

Ricordo 30 tazze tirate fuori dagli armadi, perché qualcuno, ricordo bene chi, per smorzare la tensione aveva comprato cioccolata calda a fiumi, ricordo le lettere e le mail, ricordo chi ha passato con me notti un po’ insonni senza neanche un pigiama. 

Ricordo la storia di Giobbe, in macchina, dopo giorni che non uscivo e una passeggiata in un parcheggio. Ricordo il tentativo di preparare dei muffin con la luce che saltava in continuazione e i residui d’impasto mangiati con il cucchiaio. 

Ricordo una scala dove si stava tutti un po’ stretti, e qualcuno con un casco che aveva la mia stessa domanda in faccia.

Ricordo un fiume di gente e la mia voglia di non buttarmici in mezzo, ricordo chi aspettava che uscissi per uscire con me. Ricordo i fiori e i colori, il freddo e quel tempo che non scorreva più.

Ricordo una piccola fuga, tutti insieme, poco lontano. Una preghiera fatta alla luce delle candele. al buio seduti su una coperta.

Ricordo gli occhi che mi seguivano quando tentavo di fare “superman” ma non ci riuscivo bene. 

Ricordo un regalo di Natale e un biglietto lasciato sul banco nella speranza che tornassi.

Ricordo due grandi palloncini per la mia festa.

Ricordo te che ti arrabbiavi perché non stavo mai a casa, che ti affacciavi alla porta quando ero a lezione per sbirciare e che ti commuovevi sempre e io non capivo perché.

Ricordo te che stai nel vento, nella pioggia e nella neve che non è mai mancata.

Te che sei in tutti questi ricordi, che riesci da lontano a non farmi mancare nulla, che appari se mi guardo troppo allo specchio, nelle smorfie.

Te che mi hai aiutato a crescere aiutandomi a pensare a “cosa mi avresti detto se…”

Te che sei a casa anche quando noi vorremmo scappare per un po’.

Te che hai fatto sì che dei giorni orrendi diventassero le basi di radici profonde, di amore incondizionato, di amicizie che non smettono.

Te che mi spingi a nuove avventure con il “naso rosso” che lo so già, saresti morta dalle risate.

Te e quella canzone di cui sto cominciando solo ora a capire il senso.

Te che con la tua insistenza mi hai messo accanto le persone giuste.

Tutto è più grande di me ma ora riesco ad alzarmi sulle punte se voglio e arrivo dovunque.

So qual’è la mia strada e i miei compiti, spero di essere all’altezza di tanta bellezza.

Ti voglio bene

p.s. Questa foto che siamo proprio brutte ma che a me piace da morire!

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Buffo

Buffo

Sono stato un clown di strada per trent’anni e ho tentato di rendere la mia vita stessa una vita buffa. Non nel senso in cui si usa oggi questa parola, ma nel senso originario. “Buffo” significava buono, felice, benedetto, fortunato, … Continua a leggere

Doni.

‎”Unisciti a coloro che cantano, raccontano storie, si godono la vita e hanno la gioia negli occhi. Perché la gioia è contagiosa, e riesce sempre a impedire che gli uomini si lascino paralizzare dalla depressione, dalla solitudine e dalle difficoltà.
Unisciti a chi procede a testa alta, anche se ha gli occhi pieni di lacrime.”

Paulo Coelho

E grazie ancora Patù, sei arrivata proprio al momento giusto!

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Ed io avrò cura di te.

Questi tre giorni ho scoperto:

1. Che ho una paura allucinante di tutte le novità, ho paura di non essere per niente all’altezza, di non avere le capacità che servono.

2. Che poi se mi spremo per bene ho delle belle capacità.

3. Che posso vincere la mia voglia di fuggire e convincere i miei istinti primordiali che RIMANERE  è meglio: perché le novità se si affrontano poi diventano cose conosciute e familiari: sicure.

4. Che l’abbraccio di un clown che si offre di prendersi cura di te è come quello di un amico che conosci da una vita, magari sotto le note di una bella canzone,  ritorno per alcuni secondi nel grembo materno, nulla può succedermi, tutto andrà bene.

5. Che alcune cose che mi mancavano profondamente, nella mia parte più nascosta, quella che non ammetterò mai di avere.

6. Ancora una volta che l’amicizia è la forza più grande. La cura e l’attenzione per l’altro sono le forze più grandi del mondo. Con o senza naso rosso.

7. Che è “prendermi cura” che voglio fare da grande.

8. Che nonostante la voglia di fuggire a questo naso rosso ci tengo tanto, tengo tanto però soprattutto a l’amore che ho ricevuto: diretto, che manda quasi nel panico.

9. Che posso far capire quello che sento senza parlare: con mani, piedi, abbracci, respiri.

10.Che sono la “benvenuta” in un’altra famiglia. 

“Perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te”

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Questi occhi che ancora ringraziano di essere qui.

Tempo fa, facevo un esercizio a teatro: bisognava stendersi a terra, chiudere gli occhi e spostare l’attenzione sul proprio corpo. 

Le dita dei piedi, le caviglie…e poi si cominciava a salire.

Le ginocchia, il bacino, il petto.

Le mani che con gli occhi chiusi sembrano enormi, le braccia, le spalle.

Questo durava sempre più di quanto era previsto. Ed io per la verità non ne capivo troppo il senso.

Il mento, le labbra, il naso, gli occhi.

Oggi a distanza di qualche anno ne sento il bisogno, prendermi tempo per concentrarmi ad occhi chiusi sul mio “elementare” essere. Senza restrizioni. Capire a cosa sono chiamata senza fretta, senza per forza dover prendere subito una strada. Voglio osservare, sperimentare, ascoltare.

Si da troppa importanza e poco cuore a certe scelte.

Non sono creata per andare di fretta, purtroppo o per fortuna.

“Il mio tutto si ostina a cercare una via” e non smetterà,ho solo bisogno di scoprirmi. 

Buonanotte a chi stasera non vuole proprio andare a dormire. 

 

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