Tre anni.

Ho la memoria corta, di solito.

Mi dimentico cose da fare, particolari, parole, eventi.

Eppure mi ricordo di quel giorno e dei successivi nei minimi particolari anche se sembrano di una vita fa: ricordo i miei pensieri, la poca lucidità, ricordo le facce e le parole, i rumori, gli odori, la solitudine e gli ultimi residui di forza per aggrapparmi a chi era lì, a chi ho fatto arrivare in tutta fretta.

Ricordo un abbraccio fra tutti e delle parole sussurrate all’orecchio e io che mi ripetevo: “Non è questo che devi ricordare Lalli!”, ricordo un cappello che a me sembrava tanto da pescatore, che tenevo in mano come fosse mio, ricordo dei semi di rosa che poi ho piantato, ricordo la pizza (che non manca mai!) e il gioco del mimo, tutti insieme, come fosse una festa. 

Ricordo 30 tazze tirate fuori dagli armadi, perché qualcuno, ricordo bene chi, per smorzare la tensione aveva comprato cioccolata calda a fiumi, ricordo le lettere e le mail, ricordo chi ha passato con me notti un po’ insonni senza neanche un pigiama. 

Ricordo la storia di Giobbe, in macchina, dopo giorni che non uscivo e una passeggiata in un parcheggio. Ricordo il tentativo di preparare dei muffin con la luce che saltava in continuazione e i residui d’impasto mangiati con il cucchiaio. 

Ricordo una scala dove si stava tutti un po’ stretti, e qualcuno con un casco che aveva la mia stessa domanda in faccia.

Ricordo un fiume di gente e la mia voglia di non buttarmici in mezzo, ricordo chi aspettava che uscissi per uscire con me. Ricordo i fiori e i colori, il freddo e quel tempo che non scorreva più.

Ricordo una piccola fuga, tutti insieme, poco lontano. Una preghiera fatta alla luce delle candele. al buio seduti su una coperta.

Ricordo gli occhi che mi seguivano quando tentavo di fare “superman” ma non ci riuscivo bene. 

Ricordo un regalo di Natale e un biglietto lasciato sul banco nella speranza che tornassi.

Ricordo due grandi palloncini per la mia festa.

Ricordo te che ti arrabbiavi perché non stavo mai a casa, che ti affacciavi alla porta quando ero a lezione per sbirciare e che ti commuovevi sempre e io non capivo perché.

Ricordo te che stai nel vento, nella pioggia e nella neve che non è mai mancata.

Te che sei in tutti questi ricordi, che riesci da lontano a non farmi mancare nulla, che appari se mi guardo troppo allo specchio, nelle smorfie.

Te che mi hai aiutato a crescere aiutandomi a pensare a “cosa mi avresti detto se…”

Te che sei a casa anche quando noi vorremmo scappare per un po’.

Te che hai fatto sì che dei giorni orrendi diventassero le basi di radici profonde, di amore incondizionato, di amicizie che non smettono.

Te che mi spingi a nuove avventure con il “naso rosso” che lo so già, saresti morta dalle risate.

Te e quella canzone di cui sto cominciando solo ora a capire il senso.

Te che con la tua insistenza mi hai messo accanto le persone giuste.

Tutto è più grande di me ma ora riesco ad alzarmi sulle punte se voglio e arrivo dovunque.

So qual’è la mia strada e i miei compiti, spero di essere all’altezza di tanta bellezza.

Ti voglio bene

p.s. Questa foto che siamo proprio brutte ma che a me piace da morire!

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